le potenzialità dello PSICOTERAPEUTA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE in Italia

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale si pone agli antipodi dell’approccio psicoanalitico. Tale orientamento terapeutico, di matrice anglosassone, deriva dall’incontro di due indirizzi: la terapia comportamentale, che presuppone che le psicopatologie siano determinate da un processo di apprendimento, così come si apprendono le abitudini di vita si apprendono i comportamenti disturbanti, e la terapia cognitivista, che pone alla base dei disturbi una modalità disadattiva e disfunzionale del pensare.

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale ha conseguito una formazione presso una scuola di specializzazione cognitivo-comportamentale. Pratica terapie a breve termine (di solito mesi, non anni) all’interno e, se necessario, anche fuori dallo studio professionale.

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale valuta e modifica:

ciò che il paziente fa e prova in relazione all’ambiente circostante,

quindi solamente su ciò che si può constatare e misurare.

L’obiettivo è modificare positivamente comportamenti e modi di pensare disturbati e verificare poi il risultato attraverso una misurazione, iniziale e finale, della frequenza, durata ed intensità dei comportamenti agiti.

A differenza della psicoanalisi, non si prendono in considerazione né sogni né le attività che non si possono constatare (quelle di tipo inconscio, ad esempio). 

Lo psicoterapeuta, inoltre, non si limita alla cura del paziente affetto da psicopatologie ma è in grado di intervenire a livello preventivo, a salvaguardia del mantenimento dello stato di salute, con programmi mirati di psicoprofilassi (la prevenzione psicologica delle patologie).

liberamente tratto da: Paolo Zucconi, Il Manuale pratico del benessere, Edizioni Ipertesto, pag. 502